Rassegna stampa G.A.S.

Arlequins

l “Gruppo Autonomo Suonatori” (G.A.S. d’ora in poi), con un nome a cavallo tra il prog primi anni Settanta e band “alternative” post ’77, è un progetto ideato da Claudio Barone (voce, basso, bouzouki, mandolino) sul finire degli anni Novanta. Oggi, finalmente, dopo più di venti anni dalla fondazione e con una line-up più volte modificata, i G.A.S giungono all’agognato esordio discografico con “Omnia sunt communia” grazie all’interessamento della Black Widow di Genova. Del nucleo storico, oltre a Barone, sono rimasti Simone Galleni (chitarra, basso, bouzouki) ed Andrea Imparato (flauto traverso e sax), mentre dei primi anni 2000 è l’innesto di Valter Bono (batteria e percussioni) e più recenti gli “acquisti” di Thomas Cozzani (synth e programmazione), di Andrea Foce (pianoforte, piano elettrico, flauto irlandese) e Andrea Cozzani al basso come ospite nell’occasione.
Un album, “Omnia sunt communia” (“Tutto è comune”), che trasuda amore per il progressive (pop…) italiano degli anni Settanta e per gruppi come Le Orme o la Premiata, aggiungendo qualche fiammata folk, una spolverata jazz-rock ed anche qualche delicata fragranza Canterbury che arricchiscono il menù proposto all’ascoltatore.
Ben quattro degli otto brani presenti sono strumentali come “Alice Spring”, la prima traccia, che fonde le sollecitazioni sinfoniche con la morbidezza dei Camel irrobustite dal sax di Imparato. “Preludio I” percorre, con garbo ed in poco più di due minuti, la musica rinascimentale con il mandolino, il bouzouki ed il flauto come elementi di spicco. “Preludio II” è incentrata, in prima battuta, sulla chitarra acustica e solo circa a metà, una delicata batteria e le tastiere, altrettanto delicate, aggiungono ulteriore lustro alla composizione. Con l’ultimo strumentale, “Il richiamo della Sirena”, viene calato il “carico” a briscola. Pezzo complesso, dalle molteplici sfaccettature, ma godibilissimo sin dal primo ascolto per il suo dipanarsi comunque fluido, senza forzature o momenti di impasse. Si distinguono il lavoro percussivo fantasioso di Valter Bono ed i synth di Thomas Cozzani (i due autori del brano). Tutto il gruppo risponde magnificamente ad ogni sollecitazione come, ad esempio, nell’intervento deciso del sax di Imparato sul finale.
Quattro anche i brani cantati, tutti da Claudio Barone. L’approccio lirico è, forse, un po’ ingenuo (abbastanza tipico nei Settanta nostrani, peraltro) ma nel complesso i testi superano la prova con disinvoltura. “La regina” (dedicata alla fidanzata, poi moglie, di Barone), con una lunga e significativa introduzione al pianoforte, sottolinea l’animo più romantico della band, con qualche passaggio folk a ravvivare le belle melodie e le evoluzioni strumentali. Anche “ Il sacco di Bisanzio” (che ricorda la caduta della città nel 1204 dopo l’assedio crociato) combina sonorità tipicamente “progressive” con musicalità etniche che ben si amalgamano con le tematiche del testo. “Beatrice” (sì, quella dantesca), che supera i nove minuti di durata, vive anch’essa sulla dicotomia tra suoni antichi (il bouzouki) e quelli moderni, elettrici. La suddivisione in tre parti con “Intro” (etnica…), “Beatrice” (molto “Orme” old style, soprattutto nel cantato) e “Beatrice pt. II (decisamente rock) conferma ancora una volta la presenza di varie “anime” nel gruppo. La title track, “Omnia sunt communia” (era il grido di battaglia dei contadini tedeschi durante le rivolte guidate da Thomas Müntzer) è l’apice compositivo dell’album. Un “trip” progressive ricco di pathos, drammatica nella narrazione, raffinata e pure barocca, a tratti, nelle lunghe fasi strumentali; peccato il finale troppo affrettato.
“Omnia sunt communia”, dunque… Progressive o regressive? Il buon Ponzio Pilato (per motivi più importanti…) se ne lavò le mani. Facciamo altrettanto, lasciando ad altri la scelta e la risposta. Nel frattempo, ci portiamo il cd pure in auto.

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Kult undergroung

l Gruppo Autonomo Suonatori, nato a La Spezia nel 1998 dalla volontà di Claudio Barone,  propone una musica progressive rock nel solco della grande stagione italiana di P.F.M., Banco, Le Orme, Osanna. “Omnia Sunt Communia” è il loro nuovo album uscito con la Black Widows Records di Genova. 

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Tutto Rock

Forse un nome poco prog, Gruppo Autonomo Suonatori, ma se il risultato è “Omnia Sunt Communia”, cosa importa? Se volete potete anche chiamarlo G.A.S., come segnato anche in copertina, bella e realizzata da Pino Pintabona della Back Widow Records. Una band che nasce da un’idea di Claudio Barone verso la fine degli anni 90 e dopo circa venticinque anni approda a questo ottimo album che trasuda progressive da ogni nota. Una danza tribale e spaziale introduce “Alice Spring”, brano che poi si trasforma seguendo le matrici di un progressive rock classico e con influssi canterburyani grazie ad un bilanciato uso dei fiati e in mente vengono i Van Der Graaf Generator, i King Crimson e i Camel e “La Regina”, breve suite che oltrepassa i sette minuti di durata ed è divisa in due parti, traccia romantica, sinfonica, malinconica e avvolgente, la parte più intimista della band, dove le dolci note di un pianoforte riecheggiano forti emozioni, poi la voce accompagnata da accordi di chitarra acustica e arie folk e vengono in mente stavolta Le Orme e la P.F.M..

“Preludio I” e “Preludio II” sono intermezzi strumentali tra folk e musica rinascimentale, con mandolini e flauti chitarre acustiche e “Il Sacco Di Bisanzio” tra progressive rock e nuovamente arie rinascimentali, ma il brano poi cresce con divagazioni strumentali eccellenti e si conclude con i rumori e i frastuoni di una durissima battaglia evocativa. Ci sono altri tre brani, i più lunghi, “Beatrice”, altra piccola suite che oltrepassa i nove minuti di durate ed è divisa stavolta in tre movimenti e dove c’è tanta carne sul fuoco, progressive, space rock, folk, ritmiche tribali e Canterbury sound, quest’ultimo è molto presente anche in “Il Richiamo Della Sirena”, sette abbondanti minuti di grande progressive rock e un superlativo lavoro di tastiere che rendono questo brano strumentale uno dei momenti migliori dell’album. I nove minuti e passa di “Omnia Sunt Communia”, la title track, chiudono il cd con atmosfere progressive maestose ed epiche e un organo a canne molto espressivo. Consigliato non solo a chi ama il rock progressive ma chi dalla musica vuole qualcosa in più.

FABIO LOFFREDO

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Magazzini inesistenti

Omnia Sunt Communia. Adesso è solo pace, nel segno della croce. Omnia Sunt Communia. Rimane un’utopia, così nei secoli sarà”. Appese su una parete color ocra, locandine snervate riecheggiano palinsesti di festival rock oramai dissolti. In loro prossimità la visione di un portone ad arcoincoscientemente sembra volerci ricordare che ‘tutti siamo nati liberi’ mentre un graffito di bomboletta spray inneggia “Omnia Sunt Communia”, tutto è di tutti. È quanto mai allegorico l’artwork di copertina – realizzato da Pino Pintabona (Black Widow Records Staff) – con il quale il Gruppo Autonomo Suonatoritiene ufficialmente a battesimo il sospirato debut-act discografico dopo oltre un ventennio di onorata attività sul palco. Nato da un’idea di Claudio Barone al tramonto del millennio scorso, il progetto G.A.S. ha rivelato, da subito, un’istintiva attrazione per le sonorità tipiche del grande rock italiano degli anni settanta, rivisitando in più riprese i repertori delle band storiche del periodo.
Fisiologicamente esposto, nel corso degli anni, ad avvicendamenti in line-up, il combo spezzino ha mantenuta inalterata la sostanziale prerogativa artistica di ricercare assiduamente esperienze e collaborazioni anche al di fuori del nucleo base, confrontandosi di volta in volta con veri ‘maestri’ nel genere come Tony Pagliuca (Le Orme), Lino Vairetti (Osanna), Nunzio ‘Cucciolo’ Favia (Hunka MunkaOsage Tribe), Martin Grice ed Ettore Vigo dei Delirium. Attualmente oltre al carismatico vocalist-bassista Barone, impegnato anche al bouzouki e al mandolino nonché autore di quasi tutte le liriche del disco, in formazione sono presenti Antonio Imparato (sax e flauto traverso), Simone Galleni (chitarra, basso), Valter Bono (batteria e percussioni), Thomas Cozzani (synth, programmazione) e Andrea Foce (piano e flauto irlandese). Registrato presso gli HoleStudio di Follo Alto (SP) in “Omnia Sunt Communia” (Black Widow Records 2021) confluiscono naturalmente riverberi del variegato background di cui il sestetto è depositario.
Leggiadre ballad folk dal retrogusto medievale si alternano suggestivamente a solenni aperture di rock sinfonico, lasciando qua e là spazio ad intermezzi jazzistici. L’interpretazione di Barone ben si incastona negli orditi narrativi di un album che scorre via senza particolare inciampi e che imprigiona nella seconda parte la sua essenza più luminosa in virtù di passaggi come Il Richiamo della SirenaIl Sacco di Bisanzioe dei solenni nove minuti del brano che dà il titolo all’opera. Distribuito, oltre che nei tradizionali formati, in edizione limitata (tiratura di sole 66 copie) su vinile ‘yellow marbled’ “Omnia Sunt Communia” si rivela il bramato start-point artistico di una ispirata compagine, degna di accomodarsi alla tavola del camaleontico palinsesto new prog di casa nostra. Giocherellando con l’acronimo potremmo affermare di aver assistito, dopo una estenuante attesa, ad una partenza a tutto G.A.S..

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Giornale Metal

“Credo che le cose veramente naturali siano i sogni, che la natura non può corrompere”. Bob Dylan

In un mondo dove le velocità dei processi cognitivi stanno raggiungendo limiti vertiginosi, la società corre sempre e solamente verso una direzione…quella del chaos assoluto. I giovani presi dai cellulari che hanno creato dei mondi alternativi non hanno più quella grinta e la forza per scendere nelle piazze e rivendicare la loro Libertà. I colossi dell’informatica gestiscono e creano enormi flussi di dati con tutto di noi…a volte penso che sarebbe necessaria una pausa…un time out. La pandemia con il primo grande lockdown ha fatto in parte questo, ma il tutto è poi ripartito a pieno regime appena, giustamente, il mondo si è sentito “meno in pericolo”.
Perché ho fatto questa mia breve dissertazione su una possibile analisi dello stato attuale delle cose?

Perché alcuni giorni fa stavo per spegnere le luci della redazione di GiornaleMetal, ormai ero rimasto quasi solo in ufficio, il mio collega che segue l’Heavy Metal stava ancora festeggiando come Michael Schumacher con il magnum di champagne per l’uscita del nuovo Iron Maiden, il mio collega del Power era davanti al suo pc nella penombra alla ricerca on line di un album degli Stratovarius, uscito nel ’98 distribuito solo in 4 pub e trasmesso in filodiffusione in due saune di Helsinki. In ogni caso stavo per chiudere tutto, collega del power compreso, quando mi ricordo che senza il biglietto del treno per il rientro a Parma, difficilmente sarei potuto andare lontano – Controllore permettendo. In ogni caso…torno verso la scrivania, inciampo ovviamente in un cestino o forse una copia deluxe del nuovo Maiden, allungo la mano e oltre al biglietto, con le chiavi aggancio anche una copia di un cd che mi diede il nostro caporedattore tempo prima…leggo distrattamente il titolo: GRUPPO AUTONOMO SUONATORI…interessante penso, me lo metto nello zaino e mi dirigo verso la porta, inciampo ancora in un altro cestino – forse il nuovo album dei Rage – chiudo la porta blindata e mi avvio in stazione.

GRUPPO AUTOMONO SUONATORI è un progetto che nasce tanti anni fa nel 1997, il tutto da un’idea di Claudio Barone che dopo anni passati nell’ambiente delle cover Prog Rock si incammina lungo il viaggio di un proprio discorso musicale. Il progetto dopo circa 25 anni di carriera sui palchi a fianco dei grandi del prog rock italiano, decide di dare alle stampe un suo primo disco di inediti dal titolo Omnia Sunt Communia. Titolo forte e preciso. Forse perché il Prog non è come alcuni pensano di “nicchia”, ma è un genere, un’espressione artistica che davvero “è di tutti”.
Un genere che porta con sé una componente fondamentale nella musica, come la chiamano gli anglosassoni: the legacy. L’eredità di band, musicisti, influenze sonore, ricerca e tanta passione…tutto in continua evoluzione, come lo è l’essere umano…finché ci sarà l’Uomo ci sarà Arte e anche il Prog.
Il G.A.S. ci propone attraverso 8 brani un distillato di un modo di fare di musica che davvero a volte mi sembra si sia perso, brani articolati, cambi di tempo, melodie mai banali. Una approccio concettuale allo strumentale, ma senza la sterile accadèmicità che a volte porta le band alla ricerca di un “sound prog” vacuo e inconsistente.
Il disco scorre fluido nello stereo e si passa dai momenti più architettonicamente elaborati come La Regina, Il Richiamo della Sirena o la title track Omnia Sunt Communia, dove sento gli ambienti sonori degli EL&P, del Banco del Mutuo Soccorso e delle Orme. Il tutto proposto con una consapevolezza che si afferma con personalità nel disco. Notevoli le due tracce intitolate Preludio I e Preludio II, che dal titolo e nella struttura portano le sonorità a temi classici, arpeggi che strutturano brani su evolversi di metamorfosi sonore. Davvero tra i pezzi più intimi e profondi di questo album.
La produzione è buona, forse – scelta credo voluta – tenuta nei suoni e nelle post produzioni su territori più “naturali”, gli strumenti, a parte effetti di ambiente o poco più, coprono lo spettro sonoro in modo omogeneo. Il mix è quindi davvero ottimo, ogni strumento ha il suo spazio senza prevaricare gli altri.
La copertina degna di nota mi ricorda un po’ uno stile alla street photography che cerca di essere vicino al pubblico, se non in mezzo al pubblico e in mezzo alla musica…che è davvero di tutti.

Negli anni 70 il Prog Rock Italiano era più di un genere musicale, era una forma di pensiero che rispecchiava la voglia della gioventù di rivoluzionare il mondo…partendo dalle note…il mio mitra è un contrabbasso…che ti spara sulla faccia…che ti spara sulla faccia…ciò che penso della vita. (cit.)
GRUPPO AUTOMONO SUONATORI è un progetto che non doveva aspettare 25 anni per darci musica di questo livello, ben vengano in Italia progetti come questo Omnia Sunt Communia, perchè necessari non solo al panorama della musica italiana, ma anche a noi tutti per prendere il tempo per noi stessi, per quel time out doveroso per capire dove questa società sta naufragando.

Ora l’unico mio dubbio, alla fine di questa recensione è: ma non è che ho chiuso dentro il mio collega del power in redazione tutta la notte?!… Magari ha trovato il bootleg degli Stratovarius che cercava…

“Senza eroi siamo persone comuni e non sappiamo quanto possiamo andare lontano”. 

Bernard Malamud

Voto: 7,5/10

John Sanchez

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Le petit monde du rock progressif Italien

Gruppo Autonomo Suonatori : Omnia Sunt Communia

De temps en temps, il sort de ma pile de disques à écouter une très belle surprise. Croyez le ou non, ce n’est pas si fréquent. Une belle surprise c’est par exemple Omnia Sunt Communia l’album de la formation originaire de la Spezia, Gruppo Autonomo Suonatori (G.A.S.). Que ce groupe ait attendu son tour depuis 1997, année de sa création, pour avoir enfin la possibilité de publier un enregistrement réalisé il y a trois ans, en 2018, est évidemment un petit miracle que l’on doit au label de Gênes, Black Widow. Merci Massimo, merci Pino. Si je vous parle de belle surprise et de petit miracle, c’est qu’il y a dans cet album de quoi réjouir tout fan de prog italien nostalgique des beautés ayant émergé durant les seventies. D’ailleurs les sonorités et les timbres adoptés par les musiciens vous évoqueront des groupes aussi attachants que Delirium et plus récemment Panther & Co., Il Cerchio d’Oro et même Spettri pour le côté plus hard prog (les parties de claviers et plus particulièrement d’orgue Hammond sur “Beatrice part II” par exemple), bizarrement toutes des formations de la région génoise. Il y a sans doute une bonne raison à cela qui tient à une tradition musicale qui se perpétue au gré des échanges entre musiciens. Car depuis sa création Gruppo Autonomo Suonatori est un groupe qui se produit régulièrement sur scène et qui accueille à l’occasion des grands noms du prog comme cela est déjà arrivé avec Lino Vairetti (Osanna), Tony Pagliuca (Le Orme), Ettore Vigo et Martin Grice (Delirium) ou encore Nunzio Fava (Osage Tribe). Bien sûr d’autres réminiscences plus ou moins appuyées vous viendront automatiquement à l’esprit comme pour la première partie de “La Regina qu’il est difficile de ne pas associer au Le Orme d’Aldo Tagliapietra. De manière plus diffuse mais quand même, “Omnia Sunt Communia” peut être pris comme un hommage à l’Opera Prima de Rustischelli & Bordini. Enfin, G.A.S. se distingue par des incises régulières de musique médiévale (“Préludio I”, “Préludio II”) et moyen-orientale (“Il sacco di Bisanzio”, l’intro de “Beatrice”) qui sont autant de petits bijoux disséminés sur tout l’album. 

Avec Omnia Sunt Communia non seulement vous allez replonger dans ce prog italien vintage qui n’a pas d’équivalent ailleurs mais en plus vous allez vous gaver de longs passages instrumentaux fleurant bon les sonorités analogiques d’une époque hélas révolue (“Alice Spring”, “La Regina – il sogno”, “Il richiamo della Sirena”)Rien ne manquera à votre bonheur, les vents (flûte traversière et saxophone) étant également de la partie. Surtout ne commencez pas par le titre de fin “Omnia Sunt Communia”. Ecoutez cet album dans l’ordre des pistes, vous sentirez le plaisir monter progressivement (!) et un sentiment de légitime béatitude vous envahira. De plus, “Omnia Sunt Communia” est un morceau qui se mérite.

Cette revue d’album a une tonalité évidemment très nostalgique mais les seuls responsables sont ces musiciens qui font ici aussi bien que leurs illustres prédécesseurs dans un anonymat total auquel je ne m’habituerai jamais quand il s’agit de productions aussi belles. Pour toutes ces bonnes raisons, amis du prog italien old school, foncez sur cet album. 50 minutes de bonheur vous attendent.

Le groupe : Claudio Barone (chant, basse mandoline), Andrea Imparato (saxophone, flûte), Simone Galleni (guitare, basse), Valter Bono (batterie), Thomas Cozzani (claviers, synthés), Andrea Foce (piano, flûte). Invité spécial : Andrea Cozzani (basse).

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MusicMap

G.A.S. GRUPPO AUTONOMO SUONATORI  “Omnia sunt communia”
   (2021 )

Hanno scelto di regalare al loro primo concept album, partorito in quasi 25 anni di storia artistica, una espressione tra le più celebri della lingua latina. ”Omnia sunt Communia”, il credo del G.A.S. Gruppo Autonomo Suonatori nel segno del progressive rock.

La formazione, nata a Follo in provincia di La Spezia nel 1997 per volontà di Claudio Barone, coglie nel segno con questo disco in cui tutto è di tutti – questa la traduzione letterale del titolo dell’ album – ergendo la libertà che trionfa, ovunque: anche nella musica.

Dopo oltre venti anni di onorata attività sul palco, il gruppo spezzino si muove letteralmente calamitato dalle sonorità tipiche del genere rock italiano degli anni Settanta, esibendo a più riprese i repertori delle band storiche del periodo. Sono famose le collaborazioni di Barone stesso (vocalist, bouzuki e mandolino nella band) con Tony Pagliuca delle Orme, Martin Grice ed Ettore Vigo dei Delirium.

La sua interpretazione coglie luminose essenze di una narrazione incisiva dove si va subito al centro dell’argomento; intensi sono i passaggi de “Il sacco di Bisanzio”, a nostro parere il brano migliore degli otto che compongono l’ album, od i solenni nove minuti del brano che gli dà il titolo, un enorme armonico caleidoscopio di suoni in cui tutto partecipa ad una straordinaria unicità. E poi il flauto traverso di Andrea Imperato, il pianoforte ed il flauto irlandese di Andrea Foce, le chitarre (elettrica ed acustica) ed il basso di Simone Galleni, le percussioni e la batteria di Walter Bono.

Dopo 25 anni il Gruppo Autonomo Suonatori ha deciso per un prog rock puro, allo stato naturale, che non è di nicchia ma mira ad essere di tutti. Si sentono dentro il disco le tracce del Banco del Mutuo Soccorso, delle Orme, degli Emerson Lake and Palmer. Nei due ”Preludio”, soprattutto nella seconda parte, evidenti sono i ricorsi alle sonorità classiche in continua metamorfosi, che tornano in tono maestoso nel finale della title track, con l’ausilio dell’organo a canne.

Lo strumento di ognuno copre in modo omogeneo senza mai prevaricare sugli altri: il prog rock, prima forma di pensiero che rispecchia la voglia della gioventù di rivoluzionare il mondo, esplode in un crescendo in ”Alice Spring”, introdotta da una danza tribale per poi seguire le matrici del classico, mentre invece ”La Regina”, brano che fa da collante tra il più acid progressive e il romantico, ha atmosfere avvolgenti che scoprono la parte più intimista del gruppo.

Il consiglio è quello di ascoltare sempre molto a fondo questo lavoro di grande partecipazione, ogni volta ci si può imbattere sempre in qualcosa di nuovo! (Leo Cotugno)

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BabyBlaute

Von: Gunnar Claußen @

Gruppo Autonomo Suonatori oder kurz GAS gibt’s angeblich schon seit den späten 90er Jahren, und offenbar war die Truppe um Bassist Claudio Barone sich erst mal genug, ausschließlich live aufzutreten – Ambitionen, ein eigenes Album in Form des in diesem Jahr erschienenen “Omnia Sunt Communia”, sind demnach erst kürzlich aufgekommen. Stilistisch beruft sich die Band natürlich auf den klassischen Italoprog, was wohl nicht verwundert angesichts der Tatsache, dass Barone früher viel Zeit darauf verwendet hat, Le Orme zu covern. Ins Bild passt somit auch der Bandname – zwar wurde Klischee Nummer 1, ein Name im Format La ABC Di XYZ, offenkundig vermieden, aber Klischee Nummer 2 dagegen voll erfüllt: Ein handliches Drei-Buchstaben-Akronym. PFMBMSRDMLDFFEM & Co. dürfen sich diesbezüglich jetzt noch weniger alleine fühlen.

Stilistisch sind GAS immerhin relativ breit aufgestellt. Schon der Opener “Alice Springs” fängt mit einem Intro mit Ethno-Getrommel an, ehe mit Saxofon und Orgel überraschend VdGG-ig losgerockt wird. Das kontrastiert sich dagegen mit einem spacig blubbernden Mittelteil, ehe eine Wiederholung dieses Van-der-Graaf-Teils die A-B-A-Form vervollständigt. Auch in den folgenden Stücken gibt’s eine gehörige Mischung: “La Regina” eröffnet als Klavierballade mit (in meinen Ohren unschönen, aber das muss wohl jede/r mit sich selbst ausmachen) Anklängen an “Atemlos durch die Nacht”, wohingegen der eigentliche Song eher im Stil von Focus’ “House Of The King” losgeht und später noch mit Flöteneinsätzen neckischen Folk und Renaissance-Musik tangiert. Und so weiter, und so fort – allzu einseitig werden GAS hier selten, wobei im Interesse der Konsistenz immerhin zu vermerken ist, dass diese Stile im weiteren Verlauf des Albums immer wieder mal hervorgekramt werden: So gibt’s diese VdGG-Kantigkeit noch etwa in “Beatrice”, “Il Richiamo della Sirena” schwelgt zwischenzeitlich einmal mehr in Weltraumklängen, und der Folk durchzieht Stücke wie “Il Sacco di Bisanzio” tatsächlich noch am auffälligsten.

Mit dieser stilistischen Vielseitigkeit fallen GAS allerdings auch mit der Tür ins Haus, um schon mal den größten Kritikpunkt an “Omnia Sunt Communia” zu vermerken. Denn der liegt darin, dass die Songs des Albums selten einen zusammenhängenden Fluss ergeben, sondern viele Wechsel zwischen Passagen in den jeweiligen Stilen viel zu plötzlich und willkürlich erfolgen. Da passt nur wenig zusammen, eher schon wirken manche Einschübe direkt wie Fremdkörper, und Spannungsbögen ergeben sich damit schon mal gar nicht. Das zieht “Omnia Sunt Communia” jedenfalls schon mal gehörig runter, und das ist angesichts der eigentlich interessanten Stilistik auch durchaus schade. Andererseits: Selbst, wenn die Songs etwas zusammenhängender gewesen wären, gäbe es immer noch Nickeligkeiten wie den teils gepressten Gesang (in “Il Sacco di Bisanzio” scheint der Sänger glatt nach Luft zu schnappen – da wären wir wieder mal beim “atemlos”…), das hampelige Schlagzeug, nervige Synth-Motiven und andere hölzern gespielte Passagen. Ob nun allerdings der fragmentierte Charakter nun die passendste Ablenkung von solchen Umständen wäre, ist zu bezweifeln.

In Summe ist “Omnia Sunt Communia” damit eher enttäuschend (oder wäre es zumindest, wenn diesem Album mit zu enttäuschenden Erwartungen entgegen getreten worden wäre). Was der Band gut gelingt, das wirft sie einfach durcheinander, als seien das keine Musikstücke, sondern bunte Tüten. Immerhin ist umgekehrt z.B. der mit einigen natürlich zum Titel passenden Chorpassagen ausstaffierte Titelsong etwas konsistenter, aber selbst der taugt eher nicht zum Überflieger. Somit reiht sich das GAS-Debüt am Ende in die Serie unterklassiger Veröffentlichungen ein, die Black Widow Records jedes Jahr im Dutzend auf Italien und die Welt loslässt. Mag sein, dass das den Markt im dortigen Inland in irgendeiner Weise befriedigt, aber ich brauch’s jedenfalls nicht.

Anspieltipp(s):Omnia Sunt CommuniaVergleichbar mit:VdGG, Qirsh, Pandora, The Strawbs, FocusVeröffentlicht am:6.8.2021Letzte Änderung:6.8.2021
Wertung:5/15Gute Ansätze, aber seeehr durcheinandergeworfene Songs und weitere Macken lassen nix draus werden

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MENNO VON BRUCKEN FOCK

OMNIA SUNT COMMUNIA 

Artiest / Band: GRUPPO AUTONOMO SUONATORI (2021)

GRUPPO AUTONOMO SUONATORI (G.A.S.) - OMNIA SUNT COMMUNIA

De jaren zeventig zijn nog steeds voor velen het ultieme decennium van progressieve rock en talloze muzikanten hebben hun inspiratie geput uit hetgeen toen werd bedacht. G.A.S. Gruppo Autonomo Suonatori bestaat al bijna 25 jaar en is ontsproten uit het brein van Le Orme-fan Claudio Barone (bas, zang). Naast psychedelische invloeden en elementen uit de middeleeuwse volksmuziek zijn er op Omnia Sunt Communia soms ook wel jazzinvloeden te bespeuren in de vijftig minuten durende muziek die voornamelijk geïnspireerd is op de grootheden uit de jarenzeventigprog. Het eerste nummer zou niet misstaan hebben op Raindances van Camel, zij het zonder dat oosters aandoende zeurderige begin. De zang in het Italiaans bestaat grotendeels uit zangerig voorgedragen teksten die met een wat krakende stem de luisteraar bereiken. Als je al moet wennen aan het Italiaans, dan komt daar nog bij dat de zang amper als zodanig gekwalificeerd kan worden. Toch past het in veel gevallen wel bij deze ‘vintage’  aandoende muziek. Na het wat Camelesque begin gaat de sfeer nadrukkelijk richting middeleeuwen met akoestische gitaar en fluiten. In het tweede deel van Preludio 2 zijn na een akoestisch begin zweverige toetsen en rustig drumspel als begeleiding te horen. Het nummer eindigt als een krakende lp. De daaropvolgende track is een soort kruising tussen Canterbury en Happy The Man terwijl in Beatrice naast Ozric Tentacles-achtige synthesizers wat oosterse invloeden doorklinken met een hoofdrol voor de mandoline van Barone. Het middelste, rustige stuk muziek had zo maar op een Ayreon-album kunnen staan. Via een wat meer jazzy gedeelte keert de muziek terug naar de middeleeuwse folk om vervolgens als onvervalste symfo te eindigen. Il Richiamo Della Sirena is een kruising tussen Camel en Hatfield & The North. Het nummer bevat diverse tempowisselingen en de saxofoon is nadrukkelijk aanwezig. Het titelstuk is tamelijk jazzy en de zang doet me aan Paolo Conte denken. Omnia Sunt Communia is een album met een uitdagende diversiteit aan invloeden en stijlen en daardoor best een leuk avontuur om eens te beluisteren.

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Metalised

TOP 10 PROGRESSIVE ROCK SONGS OF 2021:

  1. Gruppo Autonomo Suonatori – Omnia Sunt Communia
  2. Hunka Munka – Brucerai
  3. Cast – Ortni
  4. Thy Catafalque – A Kupolaváros Titka
  5. Black Midi – John L
  6. Frost – Day and Age
  7. Mister Robot – Awakening
  8. Big Big Train – Apollo
  9. Osanna – L’Uomo del Prog
  10. A Formal Horse – This One’s Just a Warning

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Permafrost.today

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Gruppo Autonomo Suonatori: Honor the great old Italian bands.

Gruppo Autonomo Suonatori – Omnia Sunt Communia
Posted on 16. januar 2022 av Ulf Backstrøm in Nyheter, Snakk // 0 Kommentarer

Omnia Sunt Communia is the debut album from Gruppo Autonomo Suonatori, and very close to 50 minutes of music. The album is half way instrumental and the band honor the classic Italian old symphonic prog band with this well-crafted release.
Claudio Barone started in La Spezia Gruppo Autonomo Suonatori back in 1997. Barone previously played in a Le Orme Tribute band in the early 70’s.  During their concerts, the band often has guest musicians who are famous from the Italian 70’s prog scene and in 2021, they decided to release their first album.
The music is mostly awesome and so is also the production, and there are a fair amount of vintage prog vibes. The band offers folk and classical elements throughout the album and vintage semi-heavy prog.

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