Rassegna Stampa G.A.S.

Prog Archives

Although GRUPPO AUTONOMO SUONATORI — or G.A.S. — has existed well over two decades by now, no sooner than last summer they released their debut album via Black Widow. And a very fine RPI album it is. The musicianship is excellent and so is the production. Stylistically the band could be taken as a prime example of the very faithful contemporary representation of the classic Italian prog. Definitely they are not alone in this matter, for one could say at least 70 percent of the vintage-style Rock Progressivo Italiano has been recorded in this Millennium. The worn-out phrase “sounds like straight from the seventies” has, in a way, lost its meaning; if it was to be taken literally, the production of a new album would be quite poor by modern standards and it surely would exclude this work. But yes, I’m saying that judged by the music alone this album stands perfectly amidst the whole legacy of RPI.

Now I hear you asking why I’m not rating this with five stars. First off, I’m not a person who gives the biggest album classics automatically the full rating. Nor am I among those prog listeners who blame new acts of sounding retro and aping the seventies. Before getting into the more detailed analysis of this album and concentrating on all that’s great, I can put in a nutshell the factors preventing me to raise this album subjectively to the masterpiece category. The vocals of the songwriting frontman Claudio Barone (who also plays bass, bouzouki and mandolin) are not up to my taste — in fact this is the case with the majority of all-time RPI, sad to say. His rough-edged voice comes quite close to Mark Trueack of UNITOPIA, or in general many vocalists of hard-edged RPI bands. On a couple of tracks he pushes his voice out rather aggressively. And as strong as this album is for sure, in the end it doesn’t really MOVE me emotionally as a whole, only here and there.

The good thing is that this 50-minute album is roughly half instrumental. The opening track ‘Alice Spring’ (does it have something to do with the Australian location called Alice Springs?) features a lot of saxophone and organ in the vein of Van der Graaf Generator, and a powerful melodic main phrase. ‘Regina’ is a two-part composition, starting with a romantic, piano-centred, slightly Wakemanesque instrumental part. The sung part is very nice too as it features xylophone, flute and PFM-like synths. Next, two ‘Preludio’-instrumentals. No. 1 is a charming little folk- rock piece starring bouzouki, mandolin and Irish flute. The Old Music (Medieval/Renaissance) flavour sounds very authentic in this piece written by Barone. No. 2 is rooted on acoustic guitar and synths. A bit like STEVE HACKETT at his most romantic.

‘Il Sacco di Bisanzio’ is the most vocal-oriented and clearly my least favourite track here. However it does have cool sonic details, and as an instrumental I’d like it much more. The three-part ‘Beatrice’ (9:16) has folky nuances quite the same way as the early PFM. Barone as a vocalist is more sensual on this dynamic and passionate track. ‘Il Richiamo della Sirena’ is the only track not composed by Claudio Barone: drummer Valter Bono and synths player Thomas Cozzani offer a lively, fusion-y instrumental. The delicate mid-section is perhaps the album’s most modern- sounding moment. The title track (9:17) is an impressive finale to the album, starting with a cinematic, narrated intro. This is the other track in which vocals are too pushed, but I love the magical flute riffs, the majestic organ part and even the Gregorian flavoured repetition of “Omnia sunt communia”.

If you want to get just one album of Rock Progressivo Italiano from 2021, this is my strongest recommendation this far. A masterful combination of vintage semi-heavy prog, classical and folk elements. 4½ stars, rounded down mainly because of the less enjoyable vocals.

Arlequins

Il “Gruppo Autonomo Suonatori” (G.A.S. d’ora in poi), con un nome a cavallo tra il prog primi anni Settanta e band “alternative” post ’77, è un progetto ideato da Claudio Barone (voce, basso, bouzouki, mandolino) sul finire degli anni Novanta. Oggi, finalmente, dopo più di venti anni dalla fondazione e con una line-up più volte modificata, i G.A.S giungono all’agognato esordio discografico con “Omnia sunt communia” grazie all’interessamento della Black Widow di Genova. Del nucleo storico, oltre a Barone, sono rimasti Simone Galleni (chitarra, basso, bouzouki) ed Andrea Imparato (flauto traverso e sax), mentre dei primi anni 2000 è l’innesto di Valter Bono (batteria e percussioni) e più recenti gli “acquisti” di Thomas Cozzani (synth e programmazione), di Andrea Foce (pianoforte, piano elettrico, flauto irlandese) e Andrea Cozzani al basso come ospite nell’occasione.
Un album, “Omnia sunt communia” (“Tutto è comune”), che trasuda amore per il progressive (pop…) italiano degli anni Settanta e per gruppi come Le Orme o la Premiata, aggiungendo qualche fiammata folk, una spolverata jazz-rock ed anche qualche delicata fragranza Canterbury che arricchiscono il menù proposto all’ascoltatore.
Ben quattro degli otto brani presenti sono strumentali come “Alice Spring”, la prima traccia, che fonde le sollecitazioni sinfoniche con la morbidezza dei Camel irrobustite dal sax di Imparato. “Preludio I” percorre, con garbo ed in poco più di due minuti, la musica rinascimentale con il mandolino, il bouzouki ed il flauto come elementi di spicco. “Preludio II” è incentrata, in prima battuta, sulla chitarra acustica e solo circa a metà, una delicata batteria e le tastiere, altrettanto delicate, aggiungono ulteriore lustro alla composizione. Con l’ultimo strumentale, “Il richiamo della Sirena”, viene calato il “carico” a briscola. Pezzo complesso, dalle molteplici sfaccettature, ma godibilissimo sin dal primo ascolto per il suo dipanarsi comunque fluido, senza forzature o momenti di impasse. Si distinguono il lavoro percussivo fantasioso di Valter Bono ed i synth di Thomas Cozzani (i due autori del brano). Tutto il gruppo risponde magnificamente ad ogni sollecitazione come, ad esempio, nell’intervento deciso del sax di Imparato sul finale.
Quattro anche i brani cantati, tutti da Claudio Barone. L’approccio lirico è, forse, un po’ ingenuo (abbastanza tipico nei Settanta nostrani, peraltro) ma nel complesso i testi superano la prova con disinvoltura. “La regina” (dedicata alla fidanzata, poi moglie, di Barone), con una lunga e significativa introduzione al pianoforte, sottolinea l’animo più romantico della band, con qualche passaggio folk a ravvivare le belle melodie e le evoluzioni strumentali. Anche “ Il sacco di Bisanzio” (che ricorda la caduta della città nel 1204 dopo l’assedio crociato) combina sonorità tipicamente “progressive” con musicalità etniche che ben si amalgamano con le tematiche del testo. “Beatrice” (sì, quella dantesca), che supera i nove minuti di durata, vive anch’essa sulla dicotomia tra suoni antichi (il bouzouki) e quelli moderni, elettrici. La suddivisione in tre parti con “Intro” (etnica…), “Beatrice” (molto “Orme” old style, soprattutto nel cantato) e “Beatrice pt. II (decisamente rock) conferma ancora una volta la presenza di varie “anime” nel gruppo. La title track, “Omnia sunt communia” (era il grido di battaglia dei contadini tedeschi durante le rivolte guidate da Thomas Müntzer) è l’apice compositivo dell’album. Un “trip” progressive ricco di pathos, drammatica nella narrazione, raffinata e pure barocca, a tratti, nelle lunghe fasi strumentali; peccato il finale troppo affrettato.
“Omnia sunt communia”, dunque… Progressive o regressive? Il buon Ponzio Pilato (per motivi più importanti…) se ne lavò le mani. Facciamo altrettanto, lasciando ad altri la scelta e la risposta. Nel frattempo, ci portiamo il cd pure in auto.


Kult undergroung

Intervista con il “Gruppo Autonomo Suonatori”


Davide: Ciao. Partiamo dal titolo “Omnia sunt communia”, “tutte le cose sono comuni”, giusto? Cosa sintetizza e presenta di tutto il vostro nuovo lavoro? C’è un concept alla base come nella migliore tradizione del rock progressivo?

G.A.S.: Ciao, rispondo io Claudio Barone (fondatore e portavoce del Gruppo Autonomo Suonatori), a nome di tutti. Il titolo si riferisce ad un fatto storico (la guerra dei contadini nella Germania feudale all’inizio del 16° secolo), non è un concept album (forse non lo si esclude in futuro), tre brani sono addirittura datati nei primi anni ’70 (rivisitati e riarrangiati con l’aggiunta di altre parti), gli altri sono il frutto di questi anni. In questo album abbiamo voluto ripercorrere ed esternare quello che il movimento della musica progressiva italiana aveva voluto dire con le sue composizioni (anche se queste erano fondamentalmente ispirate dal mondo anglosassone), cioè un modo nuovo e rivoluzionario di fare musica andando oltre la forma canzone, anche se questo nuovo approccio compositivo guardava verso musiche del passato come la musica classica, il jazz, la contemporanea, l’etnica, valorizzando nello stesso tempo i testi verso temi di carattere sociale e storico.

Davide: Cosa racchiude “Omnia sunt communia” dei vostri oltre vent’anni di musica? Cosa vi aggiunge?

G.A.S.: Racchiude la volontà di portare avanti un certo tipo di musica; per anni abbiamo interpretato i brani di gruppi italiani che prendevamo di riferimento come Orme, PFM, Banco, New Trolls, Area, Osanna, Delirium, Perigeo e altri ancora come Biglietto per l’Inferno, Pierrot Lunaire, Procession, Opus Avantra o del primo Battiato con i brani Plancton e Pollution, pertanto questo nostro lavoro conferma il ripercorrere le stesse strade dei nostri beniamini aggiungendone la nostra creatività.

Davide: Per attitudine progressive il movimento del rock progressivo si proponeva di cercare una musica innovativa e inaudita, cercando di superare i limiti contemporanei del rock. Qual è la vostra attitudine progressive più peculiare in un’epoca, quella attuale, in cui – da questo punto di vista – sembrerebbe tutto già fatto, suonato e quindi superato?

G.A.S.: Come detto primo il movimento del rock progressivo ha creato un nuovo modo di fare musica, guardando però le musiche del passato, è questo mix che è risultato vincente. Senz’altro oggigiorno non si può dire che se si compone in maniera progressive non si caschi in forme già note, ma questo vale per ogni tipo di musica non solo per il prog. Io da musicologo affermo tranquillamente che il progressive,  visto le origini, dovrebbe essere considerato una forma di musica colta.

Davide: In che modo nasce un brano del Gruppo Autonomo Suonatori? Qual è stato il vostro metodo nel comporre e poi arrangiare “Omnia sunt communia”?

G.A.S.: Ecco l’album di per sé è opera del gruppo negli arrangiamenti e nella scelta degli strumenti da utilizzare e dei suoni, per quanto riguarda i testi e le melodie sono opera mia ad eccezione del brano il Richiamo della sirena che è stato composto da Thomas Cozzani (la new entry del gruppo, persona molto preparata anche dal punto di vista fonico in quanto le registrazioni sono opera sua) con l’aiuto del batterista/percussionista Valter Bono, e di una parte di Preludio II (riarrangiata dallo stesso Thomas).

Davide: Ho letto che una caratteristica del vostro gruppo, nell’idea primigenia, doveva essere quella dell’apertura a musicisti esterni; un gruppo aperto, insomma. Un’idea che ancora permane, benché si sia dovuta scontrare con le difficoltà intrinseche di questa scelta. Quali più esattamente?

G.A.S.: Il G.A.S. è sempre stato disponibile ad accettare collaborazioni con musicisti esterni provenienti anche da esperienze diverse, questo nel tempo ci ha arricchito molto. L’idea rimane sempre la stessa, non per niente nel disco compare come ospite Andrea Cozzani (fratello di Thomas), un ottimo musicista con un curriculum incredibile, che collabora con importanti artisti. Ricordo anche che nelle esibizioni live il gruppo si è fregiato di ospitare artisti del calibro di Tony Pagliuca (ex Orme), Lino Vairetti (Osanna), Martin Grice e Ettore Vigo (Delirium), Cucciolo (Osage Tribe, The Trip) e Hunka Munka nonché Carlo Verdone (in veste di batterista) in una serata a lui dedicata a La Spezia nel 2001. Nella prossima apparizione live (la prima del disco a La Spezia) ci sarebbe l’intenzione di avvalersi della collaborazione di uno o due musicisti importanti della nostra città.

Davide: Nel decennio dei ’70 l’Italia, in fatto di progressive rock, per diffusione e qualità, è stata seconda solo all’Inghilterra. Cosa in particolare cercate di mantenere vivo di quel grande momento?

G.A.S.: Si mantiene vivo il modo di suonare e quindi di esprimere quel tipo di musica, sappiamo benissimo che il progressive attualmente non è come la musica che veniva ascoltata negli anni ’70, perché qui da noi si è espressa per parecchio tempo come musica di massa risentendo ancora del movimento lungo del ’68. Solo suonandola e facendola ascoltare ne portiamo avanti il testimone anche a coloro che in quegli anni non erano ancora nati.

Davide: Nei ’70 il progressive rock di Gentle Giant o Genesis era ascoltato anche dai più giovani. Oggi, tra molti ragazzi, va invece la trap. Cosa ne pensate?

G.A.S.: Non ci sentiamo di giudicare in maniera negativa i ragazzi di oggi e i loro ascolti, anche noi venivamo giudicati di ascoltare musica assurda dai nostri nonni e/o genitori. Io ho sempre affermato che ogni artista va giudicato per la sua musica del suo periodo, se potessero clonare Mozart non credo che si butterebbe a capofitto fin dall’infanzia a comporre musica classica magari sarebbe attratto dal  trap. Pertanto se un giovane si sente attratto da queste nuove mode rap, trap fa bene a percorrerle.

Davide: Spesso in passato ho posto la domanda “a cosa serve la musica?”. Oggi, vista l’epoca non proprio favorevole alla musica e a chi ne fa, vorrei variarla in: “a cosa serve ancora la musica (e più che mai)”?

G.A.S.: C’è una frase di un bellissimo brano delle Orme “Morte di un fiore“, parla di una giovane ragazza morta di overdose preso da un fatto di cronaca nel padovano, dove il testo dice “hanno scritto che per te la musica è finita tra le quattro e le cinque del mattino”, ebbene qui si paragona la musica alla vita e miglior similitudine non poteva essere fatta, per musica si intendeva la vita; infatti la musica è vita, la vita deve essere musica. Non bisogna smettere di fare musica, non bisogna smettere di crearla, non bisogna smetterla di diffonderla, di produrla e di sognarla, anche se i tempi non sono più quelli del passato, la musica serve a tutti e servirà sempre a tutti.

Davide: Cosa seguirà?

G.A.S.: Ci auguriamo di fare molte esibizioni live anche in raduni prog importanti per fare ascoltare la nostra opera prima. Attualmente ci sono in cantiere diverse idee anche di concept album ma ancora tutto in fase embrionale. Per adesso concentriamoci su “Omnia Sunt Communia”. Ad maiora semper!

Davide: Grazie e à suivre…


Tutto Rock

Forse un nome poco prog, Gruppo Autonomo Suonatori, ma se il risultato è “Omnia Sunt Communia”, cosa importa? Se volete potete anche chiamarlo G.A.S., come segnato anche in copertina, bella e realizzata da Pino Pintabona della Back Widow Records. Una band che nasce da un’idea di Claudio Barone verso la fine degli anni 90 e dopo circa venticinque anni approda a questo ottimo album che trasuda progressive da ogni nota. Una danza tribale e spaziale introduce “Alice Spring”, brano che poi si trasforma seguendo le matrici di un progressive rock classico e con influssi canterburyani grazie ad un bilanciato uso dei fiati e in mente vengono i Van Der Graaf Generator, i King Crimson e i Camel e “La Regina”, breve suite che oltrepassa i sette minuti di durata ed è divisa in due parti, traccia romantica, sinfonica, malinconica e avvolgente, la parte più intimista della band, dove le dolci note di un pianoforte riecheggiano forti emozioni, poi la voce accompagnata da accordi di chitarra acustica e arie folk e vengono in mente stavolta Le Orme e la P.F.M..

“Preludio I” e “Preludio II” sono intermezzi strumentali tra folk e musica rinascimentale, con mandolini e flauti chitarre acustiche e “Il Sacco Di Bisanzio” tra progressive rock e nuovamente arie rinascimentali, ma il brano poi cresce con divagazioni strumentali eccellenti e si conclude con i rumori e i frastuoni di una durissima battaglia evocativa. Ci sono altri tre brani, i più lunghi, “Beatrice”, altra piccola suite che oltrepassa i nove minuti di durate ed è divisa stavolta in tre movimenti e dove c’è tanta carne sul fuoco, progressive, space rock, folk, ritmiche tribali e Canterbury sound, quest’ultimo è molto presente anche in “Il Richiamo Della Sirena”, sette abbondanti minuti di grande progressive rock e un superlativo lavoro di tastiere che rendono questo brano strumentale uno dei momenti migliori dell’album. I nove minuti e passa di “Omnia Sunt Communia”, la title track, chiudono il cd con atmosfere progressive maestose ed epiche e un organo a canne molto espressivo. Consigliato non solo a chi ama il rock progressive ma chi dalla musica vuole qualcosa in più.

FABIO LOFFREDO


Magazzini inesistenti

Omnia Sunt Communia. Adesso è solo pace, nel segno della croce. Omnia Sunt Communia. Rimane un’utopia, così nei secoli sarà”. Appese su una parete color ocra, locandine snervate riecheggiano palinsesti di festival rock oramai dissolti. In loro prossimità la visione di un portone ad arcoincoscientemente sembra volerci ricordare che ‘tutti siamo nati liberi’ mentre un graffito di bomboletta spray inneggia “Omnia Sunt Communia”, tutto è di tutti. È quanto mai allegorico l’artwork di copertina – realizzato da Pino Pintabona (Black Widow Records Staff) – con il quale il Gruppo Autonomo Suonatoritiene ufficialmente a battesimo il sospirato debut-act discografico dopo oltre un ventennio di onorata attività sul palco. Nato da un’idea di Claudio Barone al tramonto del millennio scorso, il progetto G.A.S. ha rivelato, da subito, un’istintiva attrazione per le sonorità tipiche del grande rock italiano degli anni settanta, rivisitando in più riprese i repertori delle band storiche del periodo.
Fisiologicamente esposto, nel corso degli anni, ad avvicendamenti in line-up, il combo spezzino ha mantenuta inalterata la sostanziale prerogativa artistica di ricercare assiduamente esperienze e collaborazioni anche al di fuori del nucleo base, confrontandosi di volta in volta con veri ‘maestri’ nel genere come Tony Pagliuca (Le Orme), Lino Vairetti (Osanna), Nunzio ‘Cucciolo’ Favia (Hunka MunkaOsage Tribe), Martin Grice ed Ettore Vigo dei Delirium. Attualmente oltre al carismatico vocalist-bassista Barone, impegnato anche al bouzouki e al mandolino nonché autore di quasi tutte le liriche del disco, in formazione sono presenti Antonio Imparato (sax e flauto traverso), Simone Galleni (chitarra, basso), Valter Bono (batteria e percussioni), Thomas Cozzani (synth, programmazione) e Andrea Foce (piano e flauto irlandese). Registrato presso gli HoleStudio di Follo Alto (SP) in “Omnia Sunt Communia” (Black Widow Records 2021) confluiscono naturalmente riverberi del variegato background di cui il sestetto è depositario.
Leggiadre ballad folk dal retrogusto medievale si alternano suggestivamente a solenni aperture di rock sinfonico, lasciando qua e là spazio ad intermezzi jazzistici. L’interpretazione di Barone ben si incastona negli orditi narrativi di un album che scorre via senza particolare inciampi e che imprigiona nella seconda parte la sua essenza più luminosa in virtù di passaggi come Il Richiamo della SirenaIl Sacco di Bisanzioe dei solenni nove minuti del brano che dà il titolo all’opera. Distribuito, oltre che nei tradizionali formati, in edizione limitata (tiratura di sole 66 copie) su vinile ‘yellow marbled’ “Omnia Sunt Communia” si rivela il bramato start-point artistico di una ispirata compagine, degna di accomodarsi alla tavola del camaleontico palinsesto new prog di casa nostra. Giocherellando con l’acronimo potremmo affermare di aver assistito, dopo una estenuante attesa, ad una partenza a tutto G.A.S..


Giornale Metal

“Credo che le cose veramente naturali siano i sogni, che la natura non può corrompere”. Bob Dylan

In un mondo dove le velocità dei processi cognitivi stanno raggiungendo limiti vertiginosi, la società corre sempre e solamente verso una direzione…quella del chaos assoluto. I giovani presi dai cellulari che hanno creato dei mondi alternativi non hanno più quella grinta e la forza per scendere nelle piazze e rivendicare la loro Libertà. I colossi dell’informatica gestiscono e creano enormi flussi di dati con tutto di noi…a volte penso che sarebbe necessaria una pausa…un time out. La pandemia con il primo grande lockdown ha fatto in parte questo, ma il tutto è poi ripartito a pieno regime appena, giustamente, il mondo si è sentito “meno in pericolo”.
Perché ho fatto questa mia breve dissertazione su una possibile analisi dello stato attuale delle cose?

Perché alcuni giorni fa stavo per spegnere le luci della redazione di GiornaleMetal, ormai ero rimasto quasi solo in ufficio, il mio collega che segue l’Heavy Metal stava ancora festeggiando come Michael Schumacher con il magnum di champagne per l’uscita del nuovo Iron Maiden, il mio collega del Power era davanti al suo pc nella penombra alla ricerca on line di un album degli Stratovarius, uscito nel ’98 distribuito solo in 4 pub e trasmesso in filodiffusione in due saune di Helsinki. In ogni caso stavo per chiudere tutto, collega del power compreso, quando mi ricordo che senza il biglietto del treno per il rientro a Parma, difficilmente sarei potuto andare lontano – Controllore permettendo. In ogni caso…torno verso la scrivania, inciampo ovviamente in un cestino o forse una copia deluxe del nuovo Maiden, allungo la mano e oltre al biglietto, con le chiavi aggancio anche una copia di un cd che mi diede il nostro caporedattore tempo prima…leggo distrattamente il titolo: GRUPPO AUTONOMO SUONATORI…interessante penso, me lo metto nello zaino e mi dirigo verso la porta, inciampo ancora in un altro cestino – forse il nuovo album dei Rage – chiudo la porta blindata e mi avvio in stazione.

GRUPPO AUTOMONO SUONATORI è un progetto che nasce tanti anni fa nel 1997, il tutto da un’idea di Claudio Barone che dopo anni passati nell’ambiente delle cover Prog Rock si incammina lungo il viaggio di un proprio discorso musicale. Il progetto dopo circa 25 anni di carriera sui palchi a fianco dei grandi del prog rock italiano, decide di dare alle stampe un suo primo disco di inediti dal titolo Omnia Sunt Communia. Titolo forte e preciso. Forse perché il Prog non è come alcuni pensano di “nicchia”, ma è un genere, un’espressione artistica che davvero “è di tutti”.
Un genere che porta con sé una componente fondamentale nella musica, come la chiamano gli anglosassoni: the legacy. L’eredità di band, musicisti, influenze sonore, ricerca e tanta passione…tutto in continua evoluzione, come lo è l’essere umano…finché ci sarà l’Uomo ci sarà Arte e anche il Prog.
Il G.A.S. ci propone attraverso 8 brani un distillato di un modo di fare di musica che davvero a volte mi sembra si sia perso, brani articolati, cambi di tempo, melodie mai banali. Una approccio concettuale allo strumentale, ma senza la sterile accadèmicità che a volte porta le band alla ricerca di un “sound prog” vacuo e inconsistente.
Il disco scorre fluido nello stereo e si passa dai momenti più architettonicamente elaborati come La Regina, Il Richiamo della Sirena o la title track Omnia Sunt Communia, dove sento gli ambienti sonori degli EL&P, del Banco del Mutuo Soccorso e delle Orme. Il tutto proposto con una consapevolezza che si afferma con personalità nel disco. Notevoli le due tracce intitolate Preludio I e Preludio II, che dal titolo e nella struttura portano le sonorità a temi classici, arpeggi che strutturano brani su evolversi di metamorfosi sonore. Davvero tra i pezzi più intimi e profondi di questo album.
La produzione è buona, forse – scelta credo voluta – tenuta nei suoni e nelle post produzioni su territori più “naturali”, gli strumenti, a parte effetti di ambiente o poco più, coprono lo spettro sonoro in modo omogeneo. Il mix è quindi davvero ottimo, ogni strumento ha il suo spazio senza prevaricare gli altri.
La copertina degna di nota mi ricorda un po’ uno stile alla street photography che cerca di essere vicino al pubblico, se non in mezzo al pubblico e in mezzo alla musica…che è davvero di tutti.

Negli anni 70 il Prog Rock Italiano era più di un genere musicale, era una forma di pensiero che rispecchiava la voglia della gioventù di rivoluzionare il mondo…partendo dalle note…il mio mitra è un contrabbasso…che ti spara sulla faccia…che ti spara sulla faccia…ciò che penso della vita. (cit.)
GRUPPO AUTOMONO SUONATORI è un progetto che non doveva aspettare 25 anni per darci musica di questo livello, ben vengano in Italia progetti come questo Omnia Sunt Communia, perchè necessari non solo al panorama della musica italiana, ma anche a noi tutti per prendere il tempo per noi stessi, per quel time out doveroso per capire dove questa società sta naufragando.

Ora l’unico mio dubbio, alla fine di questa recensione è: ma non è che ho chiuso dentro il mio collega del power in redazione tutta la notte?!… Magari ha trovato il bootleg degli Stratovarius che cercava…

“Senza eroi siamo persone comuni e non sappiamo quanto possiamo andare lontano”. 


Le petit monde du rock progressif Italien

Gruppo Autonomo Suonatori : Omnia Sunt Communia

De temps en temps, il sort de ma pile de disques à écouter une très belle surprise. Croyez le ou non, ce n’est pas si fréquent. Une belle surprise c’est par exemple Omnia Sunt Communia l’album de la formation originaire de la Spezia, Gruppo Autonomo Suonatori (G.A.S.). Que ce groupe ait attendu son tour depuis 1997, année de sa création, pour avoir enfin la possibilité de publier un enregistrement réalisé il y a trois ans, en 2018, est évidemment un petit miracle que l’on doit au label de Gênes, Black Widow. Merci Massimo, merci Pino. Si je vous parle de belle surprise et de petit miracle, c’est qu’il y a dans cet album de quoi réjouir tout fan de prog italien nostalgique des beautés ayant émergé durant les seventies. D’ailleurs les sonorités et les timbres adoptés par les musiciens vous évoqueront des groupes aussi attachants que Delirium et plus récemment Panther & Co., Il Cerchio d’Oro et même Spettri pour le côté plus hard prog (les parties de claviers et plus particulièrement d’orgue Hammond sur “Beatrice part II” par exemple), bizarrement toutes des formations de la région génoise. Il y a sans doute une bonne raison à cela qui tient à une tradition musicale qui se perpétue au gré des échanges entre musiciens. Car depuis sa création Gruppo Autonomo Suonatori est un groupe qui se produit régulièrement sur scène et qui accueille à l’occasion des grands noms du prog comme cela est déjà arrivé avec Lino Vairetti (Osanna), Tony Pagliuca (Le Orme), Ettore Vigo et Martin Grice (Delirium) ou encore Nunzio Fava (Osage Tribe). Bien sûr d’autres réminiscences plus ou moins appuyées vous viendront automatiquement à l’esprit comme pour la première partie de “La Regina qu’il est difficile de ne pas associer au Le Orme d’Aldo Tagliapietra. De manière plus diffuse mais quand même, “Omnia Sunt Communia” peut être pris comme un hommage à l’Opera Prima de Rustischelli & Bordini. Enfin, G.A.S. se distingue par des incises régulières de musique médiévale (“Préludio I”, “Préludio II”) et moyen-orientale (“Il sacco di Bisanzio”, l’intro de “Beatrice”) qui sont autant de petits bijoux disséminés sur tout l’album. 

Avec Omnia Sunt Communia non seulement vous allez replonger dans ce prog italien vintage qui n’a pas d’équivalent ailleurs mais en plus vous allez vous gaver de longs passages instrumentaux fleurant bon les sonorités analogiques d’une époque hélas révolue (“Alice Spring”, “La Regina – il sogno”, “Il richiamo della Sirena”)Rien ne manquera à votre bonheur, les vents (flûte traversière et saxophone) étant également de la partie. Surtout ne commencez pas par le titre de fin “Omnia Sunt Communia”. Ecoutez cet album dans l’ordre des pistes, vous sentirez le plaisir monter progressivement (!) et un sentiment de légitime béatitude vous envahira. De plus, “Omnia Sunt Communia” est un morceau qui se mérite.

Cette revue d’album a une tonalité évidemment très nostalgique mais les seuls responsables sont ces musiciens qui font ici aussi bien que leurs illustres prédécesseurs dans un anonymat total auquel je ne m’habituerai jamais quand il s’agit de productions aussi belles. Pour toutes ces bonnes raisons, amis du prog italien old school, foncez sur cet album. 50 minutes de bonheur vous attendent.

Le groupe : Claudio Barone (chant, basse mandoline), Andrea Imparato (saxophone, flûte), Simone Galleni (guitare, basse), Valter Bono (batterie), Thomas Cozzani (claviers, synthés), Andrea Foce (piano, flûte). Invité spécial : Andrea Cozzani (basse).


MusicMap

G.A.S. GRUPPO AUTONOMO SUONATORI 
“Omnia sunt communia” (2021 )

Hanno scelto di regalare al loro primo concept album, partorito in quasi 25 anni di storia artistica, una espressione tra le più celebri della lingua latina. ”Omnia sunt Communia”, il credo del G.A.S. Gruppo Autonomo Suonatori nel segno del progressive rock.

La formazione, nata a Follo in provincia di La Spezia nel 1997 per volontà di Claudio Barone, coglie nel segno con questo disco in cui tutto è di tutti – questa la traduzione letterale del titolo dell’ album – ergendo la libertà che trionfa, ovunque: anche nella musica.

Dopo oltre venti anni di onorata attività sul palco, il gruppo spezzino si muove letteralmente calamitato dalle sonorità tipiche del genere rock italiano degli anni Settanta, esibendo a più riprese i repertori delle band storiche del periodo. Sono famose le collaborazioni di Barone stesso (vocalist, bouzuki e mandolino nella band) con Tony Pagliuca delle Orme, Martin Grice ed Ettore Vigo dei Delirium.

La sua interpretazione coglie luminose essenze di una narrazione incisiva dove si va subito al centro dell’argomento; intensi sono i passaggi de “Il sacco di Bisanzio”, a nostro parere il brano migliore degli otto che compongono l’ album, od i solenni nove minuti del brano che gli dà il titolo, un enorme armonico caleidoscopio di suoni in cui tutto partecipa ad una straordinaria unicità. E poi il flauto traverso di Andrea Imperato, il pianoforte ed il flauto irlandese di Andrea Foce, le chitarre (elettrica ed acustica) ed il basso di Simone Galleni, le percussioni e la batteria di Walter Bono.

Dopo 25 anni il Gruppo Autonomo Suonatori ha deciso per un prog rock puro, allo stato naturale, che non è di nicchia ma mira ad essere di tutti. Si sentono dentro il disco le tracce del Banco del Mutuo Soccorso, delle Orme, degli Emerson Lake and Palmer. Nei due ”Preludio”, soprattutto nella seconda parte, evidenti sono i ricorsi alle sonorità classiche in continua metamorfosi, che tornano in tono maestoso nel finale della title track, con l’ausilio dell’organo a canne.

Lo strumento di ognuno copre in modo omogeneo senza mai prevaricare sugli altri: il prog rock, prima forma di pensiero che rispecchia la voglia della gioventù di rivoluzionare il mondo, esplode in un crescendo in ”Alice Spring”, introdotta da una danza tribale per poi seguire le matrici del classico, mentre invece ”La Regina”, brano che fa da collante tra il più acid progressive e il romantico, ha atmosfere avvolgenti che scoprono la parte più intimista del gruppo.

Il consiglio è quello di ascoltare sempre molto a fondo questo lavoro di grande partecipazione, ogni volta ci si può imbattere sempre in qualcosa di nuovo! (Leo Cotugno)


BabyBlaute

Gruppo Autonomo Suonatori oder kurz GAS gibt’s angeblich schon seit den späten 90er Jahren, und offenbar war die Truppe um Bassist Claudio Barone sich erst mal genug, ausschließlich live aufzutreten – Ambitionen, ein eigenes Album in Form des in diesem Jahr erschienenen “Omnia Sunt Communia”, sind demnach erst kürzlich aufgekommen. Stilistisch beruft sich die Band natürlich auf den klassischen Italoprog, was wohl nicht verwundert angesichts der Tatsache, dass Barone früher viel Zeit darauf verwendet hat, Le Orme zu covern. Ins Bild passt somit auch der Bandname – zwar wurde Klischee Nummer 1, ein Name im Format La ABC Di XYZ, offenkundig vermieden, aber Klischee Nummer 2 dagegen voll erfüllt: Ein handliches Drei-Buchstaben-Akronym. PFMBMSRDMLDFFEM & Co. dürfen sich diesbezüglich jetzt noch weniger alleine fühlen.

Stilistisch sind GAS immerhin relativ breit aufgestellt. Schon der Opener “Alice Springs” fängt mit einem Intro mit Ethno-Getrommel an, ehe mit Saxofon und Orgel überraschend VdGG-ig losgerockt wird. Das kontrastiert sich dagegen mit einem spacig blubbernden Mittelteil, ehe eine Wiederholung dieses Van-der-Graaf-Teils die A-B-A-Form vervollständigt. Auch in den folgenden Stücken gibt’s eine gehörige Mischung: “La Regina” eröffnet als Klavierballade mit (in meinen Ohren unschönen, aber das muss wohl jede/r mit sich selbst ausmachen) Anklängen an “Atemlos durch die Nacht”, wohingegen der eigentliche Song eher im Stil von Focus’ “House Of The King” losgeht und später noch mit Flöteneinsätzen neckischen Folk und Renaissance-Musik tangiert. Und so weiter, und so fort – allzu einseitig werden GAS hier selten, wobei im Interesse der Konsistenz immerhin zu vermerken ist, dass diese Stile im weiteren Verlauf des Albums immer wieder mal hervorgekramt werden: So gibt’s diese VdGG-Kantigkeit noch etwa in “Beatrice”, “Il Richiamo della Sirena” schwelgt zwischenzeitlich einmal mehr in Weltraumklängen, und der Folk durchzieht Stücke wie “Il Sacco di Bisanzio” tatsächlich noch am auffälligsten.

Mit dieser stilistischen Vielseitigkeit fallen GAS allerdings auch mit der Tür ins Haus, um schon mal den größten Kritikpunkt an “Omnia Sunt Communia” zu vermerken. Denn der liegt darin, dass die Songs des Albums selten einen zusammenhängenden Fluss ergeben, sondern viele Wechsel zwischen Passagen in den jeweiligen Stilen viel zu plötzlich und willkürlich erfolgen. Da passt nur wenig zusammen, eher schon wirken manche Einschübe direkt wie Fremdkörper, und Spannungsbögen ergeben sich damit schon mal gar nicht. Das zieht “Omnia Sunt Communia” jedenfalls schon mal gehörig runter, und das ist angesichts der eigentlich interessanten Stilistik auch durchaus schade. Andererseits: Selbst, wenn die Songs etwas zusammenhängender gewesen wären, gäbe es immer noch Nickeligkeiten wie den teils gepressten Gesang (in “Il Sacco di Bisanzio” scheint der Sänger glatt nach Luft zu schnappen – da wären wir wieder mal beim “atemlos”…), das hampelige Schlagzeug, nervige Synth-Motiven und andere hölzern gespielte Passagen. Ob nun allerdings der fragmentierte Charakter nun die passendste Ablenkung von solchen Umständen wäre, ist zu bezweifeln.

In Summe ist “Omnia Sunt Communia” damit eher enttäuschend (oder wäre es zumindest, wenn diesem Album mit zu enttäuschenden Erwartungen entgegen getreten worden wäre). Was der Band gut gelingt, das wirft sie einfach durcheinander, als seien das keine Musikstücke, sondern bunte Tüten. Immerhin ist umgekehrt z.B. der mit einigen natürlich zum Titel passenden Chorpassagen ausstaffierte Titelsong etwas konsistenter, aber selbst der taugt eher nicht zum Überflieger. Somit reiht sich das GAS-Debüt am Ende in die Serie unterklassiger Veröffentlichungen ein, die Black Widow Records jedes Jahr im Dutzend auf Italien und die Welt loslässt. Mag sein, dass das den Markt im dortigen Inland in irgendeiner Weise befriedigt, aber ich brauch’s jedenfalls nicht.

Gunnar Clauße


MENNO VON BRUCKEN FOCK

OMNIA SUNT COMMUNIA
Artiest / Band: GRUPPO AUTONOMO SUONATORI (2021)

De jaren zeventig zijn nog steeds voor velen het ultieme decennium van progressieve rock en talloze muzikanten hebben hun inspiratie geput uit hetgeen toen werd bedacht. G.A.S. Gruppo Autonomo Suonatori bestaat al bijna 25 jaar en is ontsproten uit het brein van Le Orme-fan Claudio Barone (bas, zang). Naast psychedelische invloeden en elementen uit de middeleeuwse volksmuziek zijn er op Omnia Sunt Communia soms ook wel jazzinvloeden te bespeuren in de vijftig minuten durende muziek die voornamelijk geïnspireerd is op de grootheden uit de jarenzeventigprog. Het eerste nummer zou niet misstaan hebben op Raindances van Camel, zij het zonder dat oosters aandoende zeurderige begin. De zang in het Italiaans bestaat grotendeels uit zangerig voorgedragen teksten die met een wat krakende stem de luisteraar bereiken. Als je al moet wennen aan het Italiaans, dan komt daar nog bij dat de zang amper als zodanig gekwalificeerd kan worden. Toch past het in veel gevallen wel bij deze ‘vintage’  aandoende muziek. Na het wat Camelesque begin gaat de sfeer nadrukkelijk richting middeleeuwen met akoestische gitaar en fluiten. In het tweede deel van Preludio 2 zijn na een akoestisch begin zweverige toetsen en rustig drumspel als begeleiding te horen. Het nummer eindigt als een krakende lp. De daaropvolgende track is een soort kruising tussen Canterbury en Happy The Man terwijl in Beatrice naast Ozric Tentacles-achtige synthesizers wat oosterse invloeden doorklinken met een hoofdrol voor de mandoline van Barone. Het middelste, rustige stuk muziek had zo maar op een Ayreon-album kunnen staan. Via een wat meer jazzy gedeelte keert de muziek terug naar de middeleeuwse folk om vervolgens als onvervalste symfo te eindigen. Il Richiamo Della Sirena is een kruising tussen Camel en Hatfield & The North. Het nummer bevat diverse tempowisselingen en de saxofoon is nadrukkelijk aanwezig. Het titelstuk is tamelijk jazzy en de zang doet me aan Paolo Conte denken. Omnia Sunt Communia is een album met een uitdagende diversiteit aan invloeden en stijlen en daardoor best een leuk avontuur om eens te beluisteren.


Metalised

TOP 10 PROGRESSIVE ROCK SONGS OF 2021:

  1. Gruppo Autonomo Suonatori – Omnia Sunt Communia
  2. Hunka Munka – Brucerai
  3. Cast – Ortni
  4. Thy Catafalque – A Kupolaváros Titka
  5. Black Midi – John L
  6. Frost – Day and Age
  7. Mister Robot – Awakening
  8. Big Big Train – Apollo
  9. Osanna – L’Uomo del Prog
  10. A Formal Horse – This One’s Just a Warning

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Permafrost.today

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Gruppo Autonomo Suonatori: Honor the great old Italian bands.

Gruppo Autonomo Suonatori – Omnia Sunt Communia
Posted on 16. januar 2022 av Ulf Backstrøm in Nyheter, Snakk

Omnia Sunt Communia is the debut album from Gruppo Autonomo Suonatori, and very close to 50 minutes of music. The album is half way instrumental and the band honor the classic Italian old symphonic prog band with this well-crafted release.
Claudio Barone started in La Spezia Gruppo Autonomo Suonatori back in 1997. Barone previously played in a Le Orme Tribute band in the early 70’s.  During their concerts, the band often has guest musicians who are famous from the Italian 70’s prog scene and in 2021, they decided to release their first album.
The music is mostly awesome and so is also the production, and there are a fair amount of vintage prog vibes. The band offers folk and classical elements throughout the album and vintage semi-heavy prog.


Italia di Metallo

Questa dei G.A.S. (Gruppo Autonomo Suonatori) è una bella sorpresa, infatti non avrei mai pensato di ascoltare un album uscito nel 2021 che suona come fosse stato realizzato negli anni 70.

L’album che mi accingo a descrivervi sembra un messaggio raccolto da una bottiglia gettata nel mare anni or sono e raccolto da una donna che si gode il sole in spiaggia.

Il rock progressivo dei GAS ha un non so che di malinconico e nostalgico, ma anche delle scintille di epica vitalità che grazie ai synth prendono vita sopra la struttura dei brani.

Nostalgia dicevo, di un mondo di grandi artisti vissuti in un periodo bellissimo, quasi epico, dove la ricerca di libertà di espressione era la base per vivere il mondo e la musica ovviamente.

Come non possono venire in mente i Camel per esempio o i Jethro Tull, Branduardi o gli Emerson Lake and Palmer, la Premiata Forneria Marconi come i Banco del Mutuo Soccorso.

Così ci immergiamo all’interno di una musica raffinata ed espressiva che culla le nostre orecchie e fa viaggiare la mente verso mondi immaginari e magnifici.

Come da tradizione italica comunque la tecnica e i vari intrecci non sono fini a se stessi, ma al servizio delle canzoni per uno sviluppo mai stucchevole o eccessivamente barocco.

Alice Springs‘ inizia con una brevissima introduzione che ricorda il desert rock psichedelico, ma immediatamente dopo entra la chitarra di Simone Galleni accompagnata dall’organo percussivo di Thomas Cozzani  ed il sax di Andrea Imparato, è subito prog rock con qualche influenza alla Weather Report tanto per dare una summa di quello che è l’album. Il brano, strumentale, è solo un antipasto del sound della band.

La prima vera canzone è la traccia numero 2, ‘La Regina‘. Si apre con un inizio di pianoforte melodico e malinconico, poi la chitarra ritmica accompagna le percussioni dal sapore etnico-tribale ed ancora i synth col suono prog, quello square che ognuno di noi ha ben stampato in mente. Il ritorno del pianoforte al quinto minuto è un tocco di classe, le note sognanti accompagnano l’ascoltatore verso il finale dove rientra la chitarra e dopo tutti gli strumenti per il finale.

Preludio I‘ è una ballata barocca dove strumenti a corda e flauti conversano allegramente tra loro.

Preludio II’ ha invece un suono molto moderno, un lungo arpeggio di chitarra ci riporta nel presente, i synth sembrano sussurrare, sono i fantasmi  del passato che danzano eterei e leggeri.

Con ‘Il Sacco di Bisanzio’ si torna negli anni 70, synth e batteria la fanno da padroni, la voce di Claudio Barone mi ricorda tantissimo Gaetano Curreri degli Stadio.

normal”>’Beatrice‘ è il brano più lungo dell’album e forse il più complesso, l’inizio è un bellissimo dialogo tra mandolino e batteria dal sapore mediorientale, tra l’altro è bravissimo Valter Bono (batteria) che con i suoi ritmi cangianti e mai banali riesce ad impreziosire tutti brani, forse il migliore della band, sicuramente quello che mi ha impressionato di più.

La parte cantata è una delicata ballata dedicata alla figura di Beatrice che va sfumando per dare spazio ad una parte che mi ricorda i Biglietto per  L’inferno (uno dei miei gruppi preferiti di sempre), ma non dura molto.

Effettivamente la transizione tra una parte e l’altra nelle canzoni è abbastanza netta, nel senso che ci sono degli stop, alcuni sfumati ed alcuni meno, e forse questo è uno dei pochi limiti della band, non c’è un concatenamento progressivo e continuo, ma spesso fanno un uso eccessivo delle pause, questo rende sicuramente i brani più semplici ed ascoltabili.

In ogni caso non è da tutti comporre un album del genere, con tutte queste varianti e variazioni.

Il Richiamo della Sirena‘ è anch’esso diviso nettamente tra ritmiche serrate e zone musicali di calma un po’ più psichedeliche.

Con ‘Omnia Sunt Communia‘ si raccolgono a piene mani i frutti di una psichedelia che ha avuto in Jacula un esponente italiano di immenso valore, ma i G.A.S. non si fermano mica qua e continuano (nello stesso brano) a riproporre temi e fraseggi che riportano in mente i Museo Rosenbach (altri giganti del prog italiano) un po’ jazzati però. Il finale di organo è davvero epico e pieno, da un senso di sacralità unico.

Bene anch’io sono arrivato al termine di questa recensione e posso dire di aver fatto una vera immersione in questo genere bellissimo, cosa che non mi succedeva da tempo, perché i G.A.S. effettivamente hanno riportato il rock progressivo italiano, facendomi ricordare quanto è bello immaginare.

La storia della musica prog concentrata in un album? Forse no, ma ci si avvicina. I G.A.S. non brillano per originalità, cosa difficilissima per un genere vecchio di 50 anni, però pur non essendo estremamente innovativi hanno fatto un album piacevolissimo che si assapora come il vino buono, quello invecchiato ad hoc per essere bevuto nei giorni speciali.